Cambierà volto il campanile di Santa Valeria
Cambierà volto il campanile di Santa Valeria, e sarà una piacevole sorpresa per tutti al termine dei lavori di restauro, quando sarà rimosso il fitto ponteggio in cui è attualmente avvolto. L’operazione, confidando nel bel tempo, potrebbe avvenire a metà del mese di ottobre.
I lavori veri e propri di restauro conservativo, su progetto dell’architetto Walter Pavan, sono iniziati a metà luglio, perché da inizio giugno c’è stata la lunga fase del montaggio dell’impalcatura da parte dell’impresa Panizza di Brescia.
Maestro nell’arte del restauro, il 63enne Marco Illini, titolare con Enrica De Rocco della Decorazioni restauri di Sovico, opera con una squadra di quattro-cinque muratori.
Illini a Santa Valeria è persona nota e molto apprezzata in quanto una decina di anni fa era intervenuto a sistemare le numerose macchie di umidità che si erano create sul soffitto e sulle pareti interne ed esterne del santuario, mentre nel 2017, alle sue mani era stato affidato il compito di recuperare e pulire dalle incrostazioni e smog la statua della Madonnina dell’omonimo piazzale. A Illini abbiamo chiesto spiegazioni più dettagliate sull’intervento.
Da dove siete partiti?
“Abbiamo iniziato a smantellare i vari cementi con i quali, nel corso degli anni, le varie ditte avevano risarcito le cadute di cemento armato - ha spiegato - ma abbiamo però verificato che non erano di un cemento idoneo perché non elastico ma troppo tenace e con gli anni faceva cadere i pezzi. Smantellate le microfessure e le crestature fino al ferro del cemento armato, siamo passati poi alla pulizia dei ferri e abbiamo dato una mano di passivante.
Ultimata questa lunga fase di lavorazione siamo passati alla stesura di una malta materica di cemento che impiega 28 giorni per asciugare e che poi diventa dura come il cemento armato. Un materiale che ha caratteristiche di tenacia ma anche di elasticità adatto alla struttura del campanile, che si muove soprattutto vicino alla cella campanaria, dove c’è molta oscillazione.
Una volta completata l’operazione di cementare tutti i rappezzi, crestature, fessure e anche i basamenti delle finestre, siamo passati con una malta di riempimento per raccordarci all’originale, cosi quando passeremo alla velatura finale non si vedranno gli aloni di cemento e i rappezzi.
Successivamente con l’idropulitrice abbiamo lavato sia i mattoni che i costoloni in cemento. Nel mese di settembre abbiamo iniziato a stuccare le fessure e alcuni mattoni friabili che si stanno scrostando li abbiamo consolidati”.
Quali lavori vi attendono ancora?
“Dobbiamo finire con la malta di riempimento ancora una decina di piani, poi metteremo mano alla parte dei mattoni del cotto facendo tutte le stilettature che mancano e risarcendo i mattoni che si stanno sgretolando usando del silicato. Abbiamo tolto i mattoni più ammalorati, messo dei perni al loro interno e i nuovi sono stati fissati con una resina possilica. Quindi veleremo i costoloni con colore silicato al potassio.
Cosa vuol dire veleremo i costoloni?
“Vuol dire dare un colore alla parte del cemento armato”.
Quindi a lavori conclusi si vedrà il campanile di un altro colore?
“I costoloni in cemento del campanile prenderanno lo stesso color avorio delle finestre del santuario, per creare un legame con la chiesa. Per tutti sarà una piacevole novità e sorpresa. Il campanile diventerà più luminoso: rispetto al grigio che spegne il colore dei mattoni, quell’avorio darà molto risalto ai mattoni”.
In quanti eravate impegnati in questo lavoro di restauro conservativo?
“C’ero io - prosegue Illini - con una squadra di quattro o cinque operai a seconda dei giorni a cui si sono aggiunte tre o quattro restauratrici per la sistemazione dei mattoni e la velatura. Se il tempo tiene i lavori dovrebbero concludersi per metà ottobre. Altrimenti i tempi si allungheranno, perché per queste ultimi interventi c’è bisogno di un tempo asciutto”
Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato?
“Non pensavamo di dover scrostare cosi tante parti di intonaco e di cemento. Pensavamo fosse più in buono stato, invece la parte dei costoloni era molto compromessa. Abbiamo lavorato per tutta l’estate dalle 7 alle 17,30 di tutti i giorni, senza sosta anche nelle giornate di maggior caldo, perché per noi erano le più propizie per far asciugare la malta”.
Il campanile quanto è alto?
“Sono 70 metri che abbiamo suddiviso in 35 piani e poi ci sono la cuspide e la Madonnina che sono altri 13 metri. Il caldo l’abbiamo patito poco, perché a quelle altezze era sempre ventilato. E’ stata una bella avventura, una bella esperienza. Dico così perché noi lavoriamo su opere che hanno 200-300 anni. La mia collega sta lavorando su affreschi del 400. Questa del campanile è un operazione di restauro moderno, perché sul cemento non lavoriamo mai, di solito operiamo sulle calci. Ho dovuto documentarmi e relazionarmi con la Sovrintendenza e con l’architetto Carlo Catacchio di Milano e abbiamo scelto una malta idonea, sia quella materica che di riempimento. Il campanile è infatti sottoposto a vincolo paesaggistico. Di ogni materiale che uso devo mandare la scheda tecnica per ottenere il benestare della Sovrintendenza”
Un’operazione particolare è stata far arrivare l’acqua a 80 metri, come avete fatto?
“Quando mi è stato conferito l’incarico per eseguire il restauro, ho chiesto di mettere uno sbarco ogni cinque piani per il ponteggio e sullo stesso piano l’acqua e la corrente elettrica, così ho potuto preparare la malta e adesso il colore. Per portare l’acqua a 70 metri attraverso la canna ci sono voluti 7 bar di pressione, con una apposita pompa e questo ha facilitato di molto il nostro operare”.