L’omelia del nipote mons. Gualtiero Isacchi, vescovo di Monreale

La liturgia della Parola nelle esequie di un sacerdote, ci porta nel cuore del mistero cristiano, ai piedi della Croce. È qui che un prete vive tutta la sua esistenza, ai piedi della Croce sulla quale si compie la Pasqua di Gesù. In questo, credo che don Silvano sia stato esemplare.

Oggi salutiamo don Silvano, fratello, zio, amico, confessore, guida, collaboratore… Gli elementi luttuosi della nostra vita noi cristiani li consideriamo alla luce di Cristo morto e risorto e, tuttavia, egli non ci ha proibito di piangere la morte dei nostri cari. Egli stesso ha pianto la morte dell’amico Lazzaro e, come annota Sant’Agostino, lo pianse nonostante fosse sul punto di resuscitarlo e così ci permette di piangere anche noi i morti, che pure crediamo destinati a risorgere per la vera vita (cf. Epist. 263, 3: PL 33, 1083). Questo ci apre alla speranza! Se pure ci sono legami che si spezzano, ce ne sono altri che si annodano.

La Chiesa è un’unica casa. Non è un quartiere di edifici (vita terrena, paradiso, peccato, santità), ma un’unica dimora. Magari occupiamo stanze differenti, ma la casa è una sola e si va edificando giorno dopo giorno fino al compimento finale. È ancora Sant’Agostino a suggerirlo con delicata attenzione a una vergine, che piange la morte del fratello. Le scrive: “È motivo di lagrime il fatto che non vedi più tuo fratello, non ascolti più la sua voce e quando il pensiero corre a questi particolari si riceve una fitta al cuore e ne sgorga il pianto, quasi fosse sangue. Il tuo cuore però sia in alto e i tuoi occhi saranno asciutti. Non si è spento l’amore che egli nutriva e nutre ancora per te, ma è custodito in uno scrigno prezioso ed è nascosto con Cristo nel Signore” (Epist. 263, 2: l. c.), è questa la comunione dei santi nella quale tutti viviamo sin d’ora.

Mi permetto, alla luce dei racconti evangelici che sono stati proclamati, di indicare tre passaggi, non puntuali che sono sempre in divenire, che vi propongo come eredità spirituale di don Silvano.

1)     Il primo passaggio: “Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua” sono le parole con le quali Gesù si rivolge ai suoi discepoli alla vigilia della sua Pasqua. “Andate a preparare” sono i due entro i quali si scrive la vita di ogni battezzato. Il primo è un imperativo che, quindi, non lascia altre possibilità: si nasce e non si far altro che andare, vivere; il secondo verbo, invece, è coniugato all’infinito e quindi è ‘indefinito’, domanda che ciascuno lo definisca decidendo come vivere la propria esistenza. Don Silvano ha vissuto tutta la sua vita come una preparazione all’incontro ultimo con il Signore. Le parole che sempre mi ripeteva quando andavo ad Erba a fargli visita, o anche quando ci sentivamo telefonicamente, dopo l’immancabile “Sto bene, vado avanti” erano “Mi sto preparando all’incontro con il Signore”, ma questa preparazione l’aveva già iniziata da tempo. Sin da quando, ancora giovane decise seriamente di farsi discepolo e cercatore di Gesù. La sua vita è stata una continua ricerca del volto del Signore nella preghiera, nella celebrazione dei divini misteri con le molte ore trascorse in confessionale, nella cura degli ammalati e specialmente dei sacerdoti che mai ha trascurato nemmeno nel pieno della sua attività ministeriale, nel servizio pastorale sempre attento alla dimensione socio-culturale. E quando gli si faceva notare che forse avrebbe potuto anche riposare un po’, rispondeva: “Sono un prete”!

2)     Il secondo passaggio è rappresentato dal grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. Sono parole con una forza tale da bloccare il respiro in chi le ascolta. Esse dicono non solo dolore, ma anche solitudine esistenziale nella quale non si avverte nemmeno più la presenza del Padre: Gesù inchiodato alla croce si sente abbandonato. Così è l’esperienza di don Silvano soprattutto negli anni di Erba, quando la forza fisica inizia a diminuire e la salute di fa fragile. Ogni persona sperimenta questo passaggio. Don Silvano sapeva che Gesù sulla croce aveva attinto queste parole dal Salmo 22, una preghiera tanto cara al popolo ebraico. In questo modo egli fece della croce la sua preghiera e trasformò in preghiera la sua condizione, la sua croce. Così ha fatto don Silvano, ha trasformato in preghiera tutti i momenti difficili della sua vita, compresi quelli degli ultimi giorni.

3)     Infine un ultimo passaggio lo colgo dal racconto di Giovanni: “I discepoli gioirono nel vedere il Signore”. In quel luogo, il cenacolo, chiuso, colmo di dolore, di paura, di disorientamento, il Risorto fa irruzione e, con il corpo segnato dal dolore della crocifissione, annuncia una vita nuova! Don Silvano oggi, vive questo ultimo passo. Incontra faccia a faccia quel Dio a cui ha donato la sua esistenza e di cui si è fatto ricercatore nei piccoli, nei poveri, nei giovani, nei sacerdoti, nei malati, nei penitenti… e annunciatore della Bella Notizia ad ogni persona che ha incontrato.

Ora, caro zio don Silvano, per te il tempo della preparazione è compiuto, per te sono le parole di Gesù: “Vieni, benedetto dal Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla creazione del mondo” (cf. Mt 25, 34.

Carissimi fratelli e sorelle… accogliamo questi tra passi possibili come suggerimento ultimo di don Silvano: vivere ogni istante in preparazione alla piena partecipazione alla Pasqua del Signore; fare della nostra situazione concreta, quand’anche dolorosa, una preghiera di lode, ringraziamento e intercessione; infine attendiamo con fede, nella speranza, l’incontro personale con il Risorto per sentirci dire: “Vieni benedetto dal Padre mio”.

Maria, Madre del Sabato Santo, prega per noi. Amen

Mons. Gualtiero Isacchi

Vescovo di Monreale