Seconda di Quaresima
La tradizione spirituale cristiana ha sempre letto il tempo di Quaresima attraverso la metafora del deserto: è un tempo “altro” perché contrassegnato dalla prassi dello “stare in disparte”, della solitudine e del silenzio, in vista soprattutto dell’ascolto del Signore e del discernimento della sua volontà. Questo far tacere parole e presenze attorno a sé ha la funzione di disciplinare il rapporto tra la Parola di Dio e le parole: il silenzio diventa occasione e strumento per dare priorità alla Parola, per conferirle una centralità rispetto all’intera giornata in modo che sia veramente ascoltata, accolta, meditata, custodita e, quindi, realizzata con intelligenza. Vano si rivela l’ascolto della Parola se non è accompagnato da quel silenzio che fa tacere le altre voci e sa subordinarle alla Parola. Il silenzio, inoltre, è necessario per far nascere una parola umana autorevole, comunicativa, penetrante, ricca di sapienza e di capacità di comunione: quante volte, invece, ci pare di ascoltare parole “vane” perché non originate dal silenzio, parole vuote di senso che altro non sono che rumore, affiorare vociante dei peggiori sentimenti che ci abitano. “La bocca – ci dice il Vangelo – parla della pienezza del cuore” e solo il silenzio interiore può far tacere pensieri, immagini, giudizi, mormorazioni, malvagità che nascono nel cuore umano. Così secondo san Basilio, solo “l’uomo capace di silenzio è fonte di grazia per chi ascolta e sa donare agli altri parole di pace e di consolazione”. La spiritualità cristiana ha sempre prestato molta attenzione al silenzio, esperienza vissuta soprattutto dai monaci che sono giunti perfino a progettare e realizzare una architettura del silenzio: non è un caso che i monasteri abbiano attratto sempre uomini e donne di ogni condizione offrendo loro come dono primario spazi di silenzio in vista di una comunicazione autentica con Dio e con gli altri, di una libertà spirituale affinata.
Ma oggi è diventato così difficile volere il silenzio, crearlo, viverlo... Il silenzio è il grande assente dalla nostra società, dalle nostre città, dalle nostre case, dai nostri corpi, insomma dalla nostra vita. La modernità ha significato anche trionfo del rumore, ci ha imposto una perdurante condizione di non silenzio, di non pausa a tutti i livelli e in ogni circostanza della nostra esistenza. Gli effetti di questo rumore dominante e assordante si riflettono sulle persone, sempre meno capaci di “vivere consapevolmente il tempo”, sempre meno disposte ad acquisire una vita interiore profonda e ad esercitare la comunicazione attraverso tutti i sensi, anche quelli spirituali. Si teme il silenzio come se fosse un abisso vuoto, da riempire a ogni costo con un rumore qualsiasi, mentre in realtà è ciò che permette di ascoltare “bene” la vita... La Quaresima può fornirci l’occasione per un “digiuno” dalle parole e dai suoni, per una ricerca e una pratica del silenzio durante il giorno e di vigilanza sulle parole affinché non siano violente né vane... Sì, ogni cristiano, per vivere una vita più buona deve esercitarsi in questo.