La difficile eredità del responsabile della pastorale giovanile della comunità
Questa volta costa fatica mettersi a scrivere di oratorio, di comunità, di servizio, di prendersi cura dei bambini che ci vengono affidati o dei ragazzi che scegliamo di crescere nella fede. Sì, perché la vicenda di don Samuele Marelli ha ferito innanzitutto chi ne è stato coinvolto, ma anche quanti, me compresa, credono nell’oratorio come luogo di crescita spirituale, umana, relazionale, offrendo l’opportunità di misurarsi con le proprie capacità e l’assunzione di responsabilità. Come un velo che oscura fiducia e credibilità.
Alla luce dei fatti, con conseguenti chiacchiericci e commenti, la comunità del San Rocco ne ha fortemente risentito, sentendo il bisogno di condividere il peso delle informazioni.
«La notizia - commenta don Paolo Sangalli, responsabile della Pastorale giovanile dal settembre scorso - ha avuto l’effetto di un terremoto di elevata magnitudo. E le reazioni sono state multiformi: alcuni hanno reagito con sbigottimento, turbamento, incredulità, delusione; altri hanno manifestato rabbia. Qualcuno si è sentito come liberato da un grosso peso. Alcuni ragazzi si sono rammaricati di non essere stati più vicini ai loro amici, non avendolo saputo prima».
All’indomani delle notizie apparse sulla stampa, il sacerdote, insieme alle catechiste e agli educatori dell’oratorio, ha inviato un messaggio alle famiglie che voleva esprimere innanzitutto vicinanza a quanti, giovani e famiglie, sono state vittime della vicenda, preoccupazione per il momento che si stava vivendo e un forte invito all’unità, a restare e a camminare insieme. Il testo è riportato qui.
Un messaggio empatico, di cuore. Un invito che al momento sembra essere stato raccolto, senza particolari cadute…
«Vedo una generale buona tenuta - analizza don Paolo – ma, certamente, qualcuno è molto provato e affaticato. Con tutte le fasce d’età stiamo elaborando la vicenda. Nel corso dell’anno i percorsi di catechesi ordinaria non sono mai venuti meno e anche ora le notizie emerse non hanno sottratto energie e risorse al nostro cammino, pur avendo provocato una forte scossa».
Certo ora occorre lavorare per ricostruire un clima di fiducia…
«È cambiato il don di riferimento e già questo richiede una fiducia reciproca da riconquistare. Oltre al supporto psicologico, psichiatrico, legale offerto alle persone coinvolte, con un team di psicologi attiveremo a breve in oratorio san Rocco uno sportello psicologico. Per il prossimo anno pastorale stiamo lavorando a un progetto che coinvolga tutte le fasce d’età, per far sì che si abbia qualche strumento in più per discernere le situazioni critiche. Sarà un lavoro molto lungo, da fare insieme, perché la credibilità non è solo frutto di una singola persona, ma di una comunità intera. Vanno messe in campo tutte le energie per portare verso il bene questa brutta vicenda. Io ci metterò tutte le mie forze. Tutti cerchiamo il bene che può nascere anche da questa situazione difficile e faticosa, senza coprire la verità».
Appena arrivato a Seregno ha dovuto affrontare una situazione faticosa, complessa….
Non nascondo un senso di inadeguatezza. Un cambio di destinazione non è mai facile, la pastorale giovanile a Seregno è impegnativa, ci sono molte richieste e tante aspettative. Bisogna imparare a fidarsi e ad affidarsi, a fare rete, a prendere il giusto tempo per il discernimento, per un consulto in più, per conoscersi. In questa vicenda il primo segno di speranza mi è venuto proprio dai miei ragazzi, dai miei giovani, dai miei collaboratori, che mi hanno dato e mi danno una grande forza, fiducia e stimoli per la preghiera e per il lavoro quotidiano. Adesso che il tutto è al vaglio della Procura attendiamo fiduciosi la verità, evitiamo giudizi affrettati e superficiali e facciamo in modo che nessuno rimanga o si senta da solo».